Bersani
e il racconto zero di
Alberto Negri
(Articolo apparso sul giornalo on
line "Arcipelago")
Le elezioni del 2013 hanno un vincitore
super partes. Ancora una volta ha vinto, anzi ha stravinto, la comunicazione.
Il potere di quest’ultima nel costruire il rapporto fiduciario
con l’elettorato italiano è stato fondamentale. Dunque
ha vinto la comunicazione e hanno vinto anche i due migliori discepoli
dell’imbonitrice televisiva Vanna Marchi: Silvio Berlusconi
e Beppe Grillo.
Grazie a un linguaggio iperbolico (nel mio recente libro “La
svolta fiduciaria. Forme e strategie della comunicazione pubblica
contemporanea. Da Berlusconi a Grillo”, editore Lupetti, premessa
di Giuliano Pisapia,parlo di narrazione politica iperrealista),
a una scrittura accesa, spesso pirotecnica, costruita intorno a
pochi dettagli ingigantiti e ripetuti in modo seriale e ridondante,
hanno conquistato un posto di primo piano nell’agenda setting
dei media. Attraversando lo stretto di Messina a nuoto, piuttosto
che passando il fazzoletto per pulire la sedia su cui era seduto
Travaglio, hanno saputo attirare l’attenzione dei media. Tutti
i riflettori televisivi e dei giornali erano puntati sul fare e
sul dire dei nostri due eroi. Molto bravi entrambi nel proporre
il frame narrativo del nemico, che ogni volta, piaccia o non piaccia,
funziona.
Berlusconi si è precipitato in tutti programmi televisivi
per raccontare che in Italia c’è un nemico (Monti,
la sinistra) che produce un danno al Paese. Questo danno ha un nome
ben preciso: IMU. Questa tassa sulla casa è diventato il
simbolo del male, che distrugge il rapporto dei cittadini con lo
Stato, trasformandolo in un rapporto disforico (che fa piangere).
Una volta identificati i nemici e le vittime (i cittadini), è
pronto a scendere in campo l’eroe-salvatore, cioè “io
Silvio Berlusconi”, che sa e può rimediare al danno,
abolendo l’IMU e restituendo il maltolto agli Italiani. Una
volta presentato un bersaglio come nemico degli Italiani, l’eroe,
seguendo lo schema delle fiabe, si dà un auto-mandato per
compiere la sua performanza.
Beppe Grillo da parte sua ha costruito il suo racconto del nemico,
diffondendo dapprima attraverso il suo blog e poi nei comizi pre-elettorali
l’idea forte che i nemici degli Italiani sono tutti i partiti,
tutti i politici che siedono immeritatamente in Parlamento. A questi
nemici sono stati attribuite tutti le peggiori connotazioni disforiche,
correndo anche il rischio di assomigliare a un leader del passato
che aveva portato l’Italia allo sfascio. Ma il valore aggiunto
che Grillo ha dato al suo racconto, e che lo differenzia da populisti
come Mussolini e Berlusconi, consiste nel proporre il frame narrativo
dell’eroe-salvatore all’interno di una storia partecipata
e diffusa. L’ eroe diventa collettivo e si identifica nella
gente comune, nei cittadini bravi e competenti, che non si riconoscono
più nelle strutture obsolete dei partiti.
Utilizzando la rete ha messo in campo un’intelligenza collettiva
e connettiva da contrapporre al nemico. Lui naturalmente si è
posto nel ruolo di mediatore e garante di questa discesa in campo
dei cittadini e della società civile. L’eroe non sono
io, voi siete l’eroe. Io sono solo il vostro portavoce, il
vostro megafono, grazie alla mia abilità di affabulatore.
Come un bardo postmoderno Grillo ha raccolto, trasmesso, celebrato,
il disagio sociale di tanti Italiani e lo ha riproposto nella forma
di un racconto credibile di rottura ma anche di palingenesi. Pur
utilizzando lo stesso linguaggio eccessivo delle narrazioni iperrealiste,
lo ha implementato con elementi tipici del racconto collettivo della
speranza, della democrazia partecipata, del coinvolgimento emotivo
e passionale tipico della narrazione di Obama in America , poi ripresa
dal Movimento Arancione a Milano con Pisapia. Questa narrazione
mette al centro gli elettori con le loro storie personali, con i
loro disagi e problemi. Li fa sentire protagonisti della campagna
elettorale. Il sentirsi protagonisti crea fiducia. In pratica è
lo stesso meccanismo fiduciario che spiega il successo di Wikipedia.
E’ il passaggio dalla fiducia sono “io” leader
unico alla fiducia siamo “noi” (leadership collettiva).
Questo racconto a 5 stelle è stato veicolato utilizzando
in modo sinergico i tre luoghi tipici del patto fiduciario: piazza,
tv, web.
Ma chi ha perso queste elezioni? Le ha perse sicuramente la non
comunicazione di Bersani. Il leader del PD e il suo staff sono stati
capaci di realizzare il grado zero della narrazione. Ovvero zero
argomenti concreti veicolati nel suo dictum. Zero dettagli a favore
di un linguaggio general-generico, vago, approssimativo, fatto di
“un po' di lavoro, un po' di tasse in meno, un po' di…
“ che non accende mai la narrazione non dico di effetti speciali,
ma neppure di emozioni. Tanto buon senso comune ma zero passioni.
Non arrivava niente alla pancia delle persone, e questo poteva anche
essere un bene dopo tanto parlare alla viscere da parte di politici-imbonitori,
ma il fatto è che non arrivava niente anche al cuore delle
persone. Solo la passione, che è un’emozione che si
lega a un ideale, a una speranza, a una vision rispetto a un futuro
migliore, può accendere il cuore di un elettorato in fuga
dalla politica. Bersani con la sua non comunicazione non ha potuto
mai dettare l’agenda dei media. Veniva intervistato solo per
ribattere alla proposta shock, all’argomento pirotecnico che
Berlusconi o Grillo avevano gettato nell’agone mediatico il
giorno prima. Gli altri attaccavano e lui giocava di rimessa, chiuso
in difesa a sostegno della “politica giusta”. Uno slogan
forse accattivante per i militanti, ma non certo in grado di fare
breccia presso un elettorato più vasto, presso gli indecisi,
soprattutto quelli che si informano attraverso la tv. Ancora una
volta il centro-sinistra ha commesso l’errore di sottovalutare
il potere della comunicazione durante la campagna elettorale. Tutti
i contenuti migliori vengono vanificati se non sono collocati all’interno
di un patto fiduciario efficace con l’elettorato.
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